Un detenuto di 58 anni è stato giustiziato negli Stati Uniti utilizzando l’azoto come metodo di esecuzione, una pratica mai utilizzata prima nella pena di morte. Kenneth Eugene Smith è stato condannato a morte per omicidio e la Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto l’ultimo ricorso per fermare l’esecuzione, nonostante le argomentazioni dei suoi legali che la definivano come una punizione “inusuale e crudele”.
La morte di Smith è avvenuta il 25 gennaio alle 20.25, a 15 minuti dall’inalazione dell’azoto. Durante l’esecuzione, il detenuto è stato cosciente per diversi minuti prima di iniziare ad avere convulsioni e a contorcersi sulla barella. Il consigliere spirituale di Smith ha descritto la morte come “la cosa più orribile che abbia mai visto”.
Diversamente, i familiari della vittima ritengono che la morte di Smith abbia portato giustizia per la loro madre. Il responsabile del Dipartimento carcerario dell’Alabama ha affermato che i movimenti involontari e il respiro affannoso di Smith erano previsti come effetti collaterali dell’ipossia da azoto.
La decisione di utilizzare l’azoto come metodo di esecuzione ha sollevato dibattiti sulla sua umanità e sulle modalità della pena di morte negli Stati Uniti. Molti si interrogano sulla crudeltà di questo nuovo metodo e sul fatto che possa rappresentare una violazione dei diritti umani. Inoltre, c’è chi sostiene che, nonostante questa nuova pratica, la pena di morte dovrebbe essere completamente abolita.
Questo evento ha riaperto il dibattito sulla pena di morte negli Stati Uniti e sulla necessità di rivalutare i suoi aspetti umani e legali. L’utilizzo dell’azoto come metodo di esecuzione potrebbe spingere i legislatori a riconsiderare la sua applicazione e a valutare alternative più umane e giuste.