Un importante studio internazionale condotto su un campione di 1.092 pazienti provenienti da diversi paesi ha indagato sull’atrofia corticale posteriore (PCA), una variante poco conosciuta dell’Alzheimer. Secondo i risultati ottenuti, questa sindrome può manifestarsi con sintomi visuo-spaziali e può essere diagnosticata fino a quattro anni prima dei primi segni di perdita di memoria.
La ricerca ha rivelato che il 94% dei pazienti coinvolti nel campione soffriva di Alzheimer, mentre il restante 6% presentava altre condizioni. Si stima che l’atrofia corticale posteriore possa interessare fino al 10% di tutti i casi di Alzheimer, evidenziando così la rilevanza di questa variante.
Tra i sintomi correlati all’atrofia corticale posteriore vi sono difficoltà nella lettura, nella guida e nella percezione degli oggetti, che possono causare ansia e preoccupazione. La diagnosi di questa sindrome avviene generalmente dopo una serie di visite mediche, che includono controlli oculistici e, successivamente, esami neurologici.
Non esistono attualmente cure definitive per l’atrofia corticale posteriore, ma i pazienti possono trarre beneficio dai servizi dedicati alle disabilità visive e dai trattamenti disponibili per l’Alzheimer. Importante sottolineare che l’identificazione precoce della PCA potrebbe avere implicazioni significative per il trattamento e la gestione della malattia.
Curiosamente, l’Atrofia Corticale Posteriore è stata descritta per la prima volta nella letteratura medica nel 1988, ma ha guadagnato maggiore attenzione solo negli ultimi anni. Nel 2007, l’autore Terry Pratchett, noto per la sua serie di libri “Dissworld”, annunciò pubblicamente di essere affetto da questa sindrome, contribuendo in questo modo a sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo a questa malattia poco conosciuta.
L’ampio studio internazionale rappresenta un importante passo avanti nella comprensione dell’atrofia corticale posteriore e delle sue implicazioni per la diagnosi e il trattamento dell’Alzheimer. La diffusione di queste informazioni potrebbe consentire di identificare tempestivamente la PCA e di offrire ai pazienti le cure e l’assistenza necessarie per gestire al meglio la malattia.
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